L’arte del sussurro. Ovvero: delle nuove frontiere di disconnessione sociale

«ASMR»
dice.
«Che?»
Siamo in cinque: tolti i suoi, fanno otto occhi a padella intorno a un tavolo.

Mia sorella tecnologica è sempre stata proiettata avanti (per dire: della sindrome di Hikikomori mi ha spiegato cosa e come, prima ancora che ne incrociassi il mio primo caso scolastico; e, se sono corsa a vedere Nausicaa nella Valle del Vento, e tutto Miyazaki, è perché mi ci ha spedita lei).
Insomma: è la ragazza più contemporanea che io abbia mai conosciuto.
Ma quando ieri è uscita la storia dell’ASMR, giuro, non volevo crederci.

In breve ci spiega, a noi attorno al tavolo, che esiste gente che campa di sussurri.

Cioè: per alleviare le insonnie notturne, c’è chi usa frequenze della voce che agiscono su alcuni centri nervosi per stimolare il rilassamento. E vabbè, dico io: sai quanti, quando parlano, ti ammorbano che ti tocca lottare per tenerti sveglia? (il pensiero va all’ultimo relatore morfeico incrociato in un convegno, cose che neanche con sette red bull in corpo si riusciva a tenergli testa).
«No, no»
scuote la testa e digita sul suo cellulare.
Ed è così che veniamo proiettati nel mondo dei whisperer : coloro che sussurrano, appunto. Uomini, donne, con tanto di fan e appassionati e classifiche dei migliori. Sussurrano, registrano, mandano in rete, costituiscono canali, lambiscono le coperte dei senza pace notturni.

Una signorina – presumibilmente: davanti alla tappezzeria dell’armadio di camera sua – distende una cantilena di parole ammiccanti, un’altra muove della sabbia da giardino zen mentre ci regala corposi labiali, un tipo gratta su un foglio (e meglio pure che non si inquadri troppo, che sta a metà tra uno stalker anoressico e il ritorno di Freddy Krueger). Un mondo intero di gente appesa a un doppio microfono (uno non basta, spiega mia sorella, perché le casse del computer sono due, e così ti arriva pure la profondità del suono…) a produrre rumorini, singulti leggeri, sospiri epocali, evocazioni. Un inglese lento e stirato: sibilanti arrotondate pronunciate come fricative, dentali la cui sensualità rotola sotto la lingua ma scompare subito (ehi: i whisperer devono farti dormire, mica altro, no?), mani che vanno e che vengono.
Aiuto.
Un milione di visualizzazioni, leggo. Trentotto minuti di lettiera di gatto che si muove; un cuscino che viene sfregato; una che tortura le setole del pennello per la cipria.
Non so neanche io quello che sto facendo ti dicono, nella dissolvenza del monitor: candidi. Ma te lo sussurrano, ed è in inglese, e se non li guardi sono solo una voce per accompagnarti, e puoi pensare che siano lì per te; non serve manco capire, perché il filo logico è talmente sottile che, anche se scompare, chissene.
Sensuali, ma pastello. Elusivi. New age al punto giusto. Misteriosi, anzi: misterici.
Le Pizie, i Tiresia di oggi: non suffumigi e antri, ma microfoni e web.
Il succo, la ciccia, è la stessa dell’uomo del terzo dopo Cristo: senza direzione non può stare, una società; annaspa un po’, boccheggia, si dispera, porta oltre l’assicella e, intanto, cerca risposte nello spirito: al tempo si chiamavano Serapide, Iside, Cristo. Esperienze estreme di comunione spirituale. Oggi va così. E’ poi così distante?
Guardo i numeri: centomila, un milione, tre milioni e cento… Ma quanta gente non dorme, in questa terra?
Allora penso a certi occhietti delle otto-nove-dieci-undici del mattino:
“Si dorme la notte, Fabiola, no la mattina!” – “Non ce l’ho fatta, prof!” (la faccia terrea che chiede pietà).
“Hanane, vuoi un divano?”“Ho dormito tre ore, prof!” (a forza di tenersi su la guancia con la mano, la bocca le arriva sullo zigomo).
“Tipo: staccare il cellulare, di notte, vuoi che non aiuti a staccare la testa?”
quante volte l’ho detto, quest’anno? Elisa, Monia, Chiara, Samantha, Nicole: sostituisci il soggetto, il risultato non cambia.
Prendete la valeriana! (Non serve a niente) Prendete la melatonina! (Io le schifezze non le prendo) Sono cose naturali: ma quando mai vi dico di prendere sonniferi! (Ah sì-ì? beh, allora FORSE passo in farmacia…). Basta anche un’erboristeria: camomilla, tisana, gocce della notte! (mugugno).

E poi mi riguardo i numeri dei whisperer.
Che: sì, se un mondo di gente sta a imparanoiarsi davanti a grattini e parole a vanvera, qualcosa vorrà pur dire.

(Per la cronaca: quello che si è veramente addormentato in diretta, al nostro tavolo, a forza di sentirsi i whisperer, è stato il gatto Ulisse, in foto)

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