Baratti, uno scavo.

È la tua punta che scava, infitta, circolare, la lotta della sabbia che ricolma la buca, a svegliarmi.
Ascolto l’ombra del telo che stendi: aderisce perfetto al mio perimetro di lino – dove non più cinabro, non più ricamo prezioso.
Chi sei, tu che non sai delle mie gambe mozzate, delle clavicole appaiate, dello sterno, del mio orecchino di bronzo, dell’oro modellato in minuscole fibule?
Hai un cuore pesante, due chiodi senza espiazione, esposti (diastole e sistole contro il soffitto dei miei ricordi).
Northia forse non ti tiene più, eppure mi hai chiamata a te: le tue ginocchia contro le mie ginocchia, la tue spalle contro le mie spalle, la tua testa dove è la mia testa – il mio orecchio chiuso sul tuo orecchio.
Se mi spingo fino a te, tu mi sentirai?
Aspetto solo che ti addormenti.

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