Posts Tagged ‘Pordenonelegge’

Caterina Bonvicini: Mediterraneo. Una questione di umanità.

Deve essere chiaro subito: non si esce da queste pagine uguali a come ci si è entrati. Così come accade quando ci si confronta con qualcosa che travalica la nostra capacità di immaginare.
Portarci lì dove non abbiamo cognizione di sostanza, ma solo figura, è il compito dei testi importanti. E quello che Caterina Bonvicini ha scritto per Einaudi, con un saggio e le fotografie di Valerio Nicolosi, è, in tutto e per tutto, un testo importante. Perché Mediterraneo – A bordo delle navi umanitarie si assume un compito faticosissimo: rompere un argine, colmare un vuoto cognitivo, dare sostanza a concetti e azioni. Portare più in là una conoscenza, insomma, con la pratica di una voce che è stata corpo tra corpi, e occhio (spalancato) davanti ad altri occhi (spalancati). 

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Daria Bignardi, “Oggi faccio azzurro” (e Kandinskij, per una volta, incassi).

Una donna, una ragazza, un fantasma, un seduttore seriale, una psicologa.
Agli estremi stanno la donna (il soggetto, nominativo, voce narrante, che insieme è anche oggetto del tema sotteso a tutto il romanzo), e all’opposto la psicologa (il vocativo, quella a cui tutti si rivolgono).
In mezzo, obliqui, sono la ragazza (con il suo nodo di appartenenza familiare), il fantasma – che poi è una fantasma – inchiodata alla rabbia di un amore ingrato vissuto cent’anni prima, e infine il seduttore seriale, veicolo inquieto di inappagamento tra un rapporto finito e una moltitudine di prede da consumare e abbandonare.

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Il mondo vivente e Giulio Mozzi

Esiste una verità degli oggetti che attraversa il tempo e crea precisi ancoraggi con ciò che abbiamo vissuto, che restituisce memoria di luoghi nei quali ci siamo fermati, di persone che abbiamo avuto sodali, di vicinanze che sono state, scelte fatte, suoni. Al di là, anche, di quella che può strettamente essere la loro funzione.

L’anima delle cose che ci circondano sta per larga parte nel nostro sguardo, ma vive nell’ordine che gli diamo, nella gerarchia delle affezioni di cui sono intrise e perfino nella collocazione con cui le infiliamo nei cassetti.

Così è che, mentre stanno disposti in una casa, gli stessi oggetti acquisiscono un senso (una luce, quasi), che cambia totalmente a incontrarli in un negozio o in un mercato: l’usura non appartiene soltanto allo stato di conservazione; sono le storie che li attraversano, e il nostro esserne coscienti, che costituisce un loro carattere, una invisibile sostanza – emotiva – provvisoria.

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