Quando Guglielmo Scandi si dà fuoco (volontariamente? incidentalmente?) sulla spiaggia di Riccione avvolto nella bandiera italiana, le sue immagini rimbalzate dalla televisione non possono essere più lontane dalla compostezza mistica di un bonzo che si immola per la propria libertà.
Quel corpo martoriato, insieme grottesco e tragico, è per Alberto – che con Guglielmo ha tranciato da anni ogni rapporto dopo esserne stato estremamente ferito – qualcosa di più di un fatto di cronaca, a corollario drammatico della parabola discendente di un comico non più giovane, non ancora vecchio ma in fondo unanimemente considerato già bollito.
Quel gesto è l’irruzione dal nulla di un urlo, il richiamo di una sirena ferita a morte.