Nulla è mai soltanto ciò che appare.
Se c’è un monito che scorre sottotraccia lungo le pagine dell’ultimo romanzo di Giampaolo Simi è proprio questo: un invito all’esitazione. Niente come cedere alle lusinghe dell’apparenza può in effetti rivelarsi tanto ingannevole in un momento storico come questo, in cui la manipolazione del reale e la rappresentazione pubblica del privato sono i canali comunicativi di una società affetta da ansia di semplificazione.
E questo risulta chiaro da subito: perché I giorni del giudizio (Sellerio) – che in esordio, prima ancora del prologo, trascina i suoi lettori dentro il perimetro di un duplice omicidio – sotto le sembianze di un romanzo giallo è anche una riflessione indotta sulla difficoltà di capire davvero ciò che ci accade intorno, ciò che siamo, e persino (e soprattutto) ciò che vediamo.