Posts Tagged ‘tango’

Lettera da una attesa.

Don Osvaldo, mi perdoni subito: non è una assoluzione quella che chiedo. Solo, un po’ di silenzio condiviso.
Lo so, lo so. Non ha nemmeno da aprire bocca: è evidente che siamo in tanti a tirarla per la giacchetta, in questo momento. E però con qualcuno bisognerà ben condividerla, questa cosa qui, che non c’è coraggio che tenga di dirla per dritto. Non serve neanche andare a scomodare Jorge Luis: si sa che le parole fondano il mondo. Una volta dette, esistono, e con loro anche tutto quello che si portano dietro. E queste, lo sappiamo entrambi, sono parole deformanti, da cui non si torna: nessuno, del resto, poteva immaginarsi che si sarebbero messe di nuovo in fila in questo modo micidiale.

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Caparros. Todo por la patria?

C’è una parola precisa per indicare, nel gergo del tango, quel personaggio che ha più velleità che lavoro, più illusioni che prospettive, più inerzia che reazione: quel termine è atorrante. Il nome di chi, nonostante gli sforzi, non ce l’ha fatta, e si ritrova a penare da immigrato il proprio destino: l’epiteto che circoscrive un crinale di povertà facilissimo da imboccare per masse inurbate, che campano da perdigiorno, ostaggio di crisi ogni due per tre, senza un grande futuro davanti.

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Breve storia de El tipo. (Con morale triste).

Nel 199* arrivò sull’acropoli di montagna uno spettacolo di tango – il primo del genere ad arrischiarsi a risalire su per il passo Fadalto. La compagnia era stata invitata in cartellone dal Circolo Culturale, la più prestigiosa e antica istituzione musicale del paesello.
C’erano i musicisti, c’erano le coppie, c’erano le luci i costumi le coreografie. C’era, insomma, una storia. 
Nessuno aveva mai visto una cosa del genere in provincia, prima: un’ora e un quarto di tempi rubati, accenti spostati come un sospiro, strappate, pause, archetti mantici tastiere e un suono sporco e drammatico, umanissimo. 
E poi c’era il ballo.

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